Che non sia solo un maquillage.

Da Carfree Blogosphere, Andy Singer

E’ cominciata ieri la settimana europea della mobilità alla quale hanno aderito molte città italiane. Tra queste l’Amministrazione di Bologna, dove durante il week end le vie principali del centro storico (la cosiddetta “T”) sono state completamente aperte al transito pedonale e ciclistico tenendo fuori tutti i veicoli a motore, sembra una delle più entusiaste.

Se tale entusiasmo sia dettato più da preoccupazioni di consenso che dalla reale volontà di perseguire un diverso modello di città e di mobilità, lo capiremo solo con il tempo: nel frattempo il dibattito sulle proposte avanzate dall’amministrazione (in particolare la pedonalizzazione definitiva della “T”) registra un fondo sull’edizione locale del Resto del Carlino, a firma di Giuseppe Castagnoli,che secondo noi è portatore proprio di quel senso comune che per settant’anni ha contribuito moltissimo a creare tutti i problemi che oggi affliggono le nostre città.  Vi si legge un malcelato disappunto verso la ventilata pedonalizzazione e una serie di consigli per renderla “praticabile” dei quali molti non farebbero altro che peggiorare la situazione dell’intera Bologna: aumento dell’offerta di sosta fuori dal centro storico, diminuzione del suo costo, riduzione delle tariffe dei bus. Tutta una serie di proposte che, va da sè, puntano – non so quanto volontariamente – più ad attivare dei riflessi condizionati che a stimolare riflessione e dibattito.

Ieri quindi, preso da sacro furore, ho preso la tastiera e scritto questa mail al quotidiano bolognese.  Non conosco benissimo la città e nemmeno nel dettaglio le proposte dell’amministrazione, ma quello che mi interessava mettere in discussione è l’atteggiamento superficiale che emerge da molti commentatori – spesso molto influenti sull’opinione pubblica – quando si parla di questi problemi. Sono graditissimi commenti e precisazioni.

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Leggo con interesse l’articolo a firma di Giuseppe Castagnoli sull’edizione bolognese del RdC di ieri, di cui condivido senz’altro l’impostazione prudenziale e poco incline a sposare a priori iniziative che potrebbero anche venire utilizzate unicamente allo scopo di creare consenso intorno a uno schieramento politico senza affrontare realmente i nodi della mobilità urbana.

Detto questo vorrei contribuire al dibattito che questo genere di iniziative spesso accendono tra i cittadini proponendo una visione differente da quella fatta propria da Castagnoli: mi pare che lui veda la “chiusura con il lucchetto” delle vie del centro (ma io la definirei una “apertura alle persone”) come una specie di obiettivo a cui tutta la città deve tendere senza però mettere in discussione, al di fuori dell’area interessata alle misure di pedonalizzazione, gli schemi generali di mobilità urbana.

Se però intendiamo la pedonalizzazione delle zone più centrali della città come un tassello all’interno di una strategia più vasta di riorganizzazione in senso sostenibile dei trasporti urbani (e spero che sia questo quello che cerca di fare l’attuale amministrazione), bisogna stare attenti a non perseguire, nella ricerca del nuovo, vecchie pratiche a cui siamo talmente assuefatti da non riuscire nemmeno a riconoscerle.

In particolare ho la sensazione che Castagnoli, probabilmente in perfetta buona fede, caschi in questa trappola: chiedere altri parcheggi e a prezzi più bassi porta nella direzione esattamente contraria a quella a cui si dovrebbe tendere. In generale le politiche di mobilità di quelle città che nel tempo hanno dimostrato di essere le più virtuose nel campo dei trasporti si basano proprio su strategie opposte: ridurre gli spazi a disposizione di sosta e circolazione delle autovetture private, aumentandone allo stesso tempo i costi. I proventi, in termini sia di risorse fisiche (spazio recuperato) che finanziarie, vengono impiegati a vantaggio di altre forme di mobilità e/o di utilizzi dello spazio urbano diversi da quello puramente trasportistico.

La scommessa, vinta da queste amministrazioni, è che i privati cittadini, nonostante gli aumenti dei costi unitari dei trasporti in automobile, riescano a risparmiare grazie ad un maggiore ricorso a bus, tram, treni, biciclette e scarpe, modalità certamente molto più economiche dell’auto privata e in queste realtà anche concorrenziali in termini di servizi offerti. E in una situazione di minore traffico – ottenuta grazie all’aumento dei costi – anche gli spostamenti in auto diventano più rapidi.

Viceversa garantire spazi abbondanti per la sosta al di fuori dell’area pedonale, collegati magari con il centro da un bus navetta, probabilmente non farebbe che peggiorare la vivibilità delle periferie e delle zone semicentrali in quanto la maggiore attrattività – combinata a un miglioramento delle condizioni di sosta – degli spazi interni ai viali sarebbe causa di un maggior numero di spostamenti in auto.

Nell’attuale situazione generale di crisi e in quella più particolare della situazione nella quale si trova il trasporto pubblico bolognese anche la proposta di ridurre le tariffe degli autobus rappresenterebbe una misura che non farebbe altro che danneggiarne l’efficienza. Se si vuole spostare la domanda di mobilità dall’auto privata al trasporto pubblico quello su cui puntare non è tanto il risparmio, quanto l’affidabilità in termini di frequenze di corse e di puntualità, cose che non si ottengono abbassando le tariffe, anzi. Viceversa destinarvi spazio e fondi prelevati dalla mobilità privata su gomma potrebbe ottenere dei risultati significativi.

Cose difficili da dire in un paese con 600 auto ogni 1000 abitanti. Ma vere. E credo che sia anche una responsabilità dei media ad ogni livello stimolare un dibattito su queste tematiche che sappia andare oltre i luoghi comuni.

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