Per fare quello di cui c’è bisogno per creare un sistema di trasporto meno nocivo e più performante dovremmo fare una chiara distinzione tra quello che chiamiamo “vecchia mobilità” e “nuova mobilità”. La differenza tra le due è piuttosto semplice. E sostanziale. La vecchia mobilità è la forma che hanno assunto le politiche, le pratiche e le idee dei trasporti a partire dalla metà del ventesimo secolo, quando cioè vivevamo tutti in un universo che era, o perlomeno sembrava essere, libero da restrizioni. Ci serviva bene, anche se creava delle aspettative delle quali spesso non eravamo consapevoli. Era un mondo molto diverso. Ma quel mondo è finito. E non tornerà più.
Il pianeta era enorme, gli spazi immensi e aperti, l’energia abbondante ed economica, le risorse infinite. L'”ambiente” non era una cosa di cui preoccuparsi, il “clima” riguardava solo le previsioni del tempo, la tecnologia era in grado di affrontare qualsiasi cosa con un costante flusso di soluzioni, i costruttori riuscivano a risolvere i problemi che creavano gli ingorghi espandendo infinitamente la capacità stradale nei punti critici, la crescita veloce e la sensazione eccitante che davano le continue innovazioni mascheravano una buona parte di quello che in fondo non era così positivo.
37 cose che non vanno nella vecchia mobilità
- Basata su una visione del trasporto come un sistema chiuso, isolato dal resto degli altri bisogni.
- Gerarchica
- Applicata dall’alto al basso
- Centralizzata
- Basata solo su dati statistici, visti come dati immutabili
- Limitata
- Riduttiva
- Molto propensa al ricorso a tecnologie ultra-avanzate e costose
- Autoritaria
- Orientata all’offerta
- Orientata alla massimizzazione dei flussi di autovetture e delle velocità
- Basata unicamente sulle conoscenze di esperti
- Basata su concetti ingegneristici (con alte competenze ma in un campo molto ristretto)
- Binaria: trasporto unicamente “privato” o “pubblico” senza niente di importante nel mezzo
- Di fatto dipendente dall’autovettura privata
- Inutilmente costosa per la comunità
- Inutilmente costosa per gli individui
- Utilizzo intensivo e inutile di risorse
- Totalmente e inutilmente dipendente da combustibili fossili di importazione
- Altamente inquinante
- Minaccia costante per la salute pubblica
- Divoratrice dei tessuti urbani
- Orientata pregiudizialmente verso soluzioni che utilizzano massicciamente tecnologie “pesanti” (asfalto, cemento etc)
- Considera tutte le soluzioni che non prevedono il ricorso all’auto privata come dei parenti (molto!) poveri
- Offre soluzioni davvero inadeguate per anziani, disabili, poveri e giovani
- Divide rigidamente in compartimenti stagni il momento progettuale da quelli politico e operativo
- Processi di decision making oscuri per il grande pubblico
- Si concentra sui punti di imbottigliamento che ostacolano i flussi di traffico, progettando infrastrutture che ne causano l’aumento
- Tenta, quando va bene, solo di anticipare gli aumenti dei flussi di traffico
- Perseguimento di grandi progetti per “risolvere” i problemi
- Questi grandi progetti spesso sono portatori di sprechi e corruzione
- Troppa sottovalutazione delle sottostanti implicazioni nell’utilizzo del territorio urbano
- Sottovalutazione dell’importanza dei sostituti del trasporto
- Sempre più tecnicistica.
- Anacronistica
- Non adeguata a svolgere i compiti richiesti nel XXI secolo e, cosa peggiore di tutte…
- Crea un clima di cittadinanza passiva minando le basi della partecipazione democratica e del coinvolgimento della collettività nella risoluzione dei problemi.
Tutto questo non risponde alle priorità e alla realtà dei trasporti, dei nostri bisogni e delle nostre potenzialità, soprattutto nelle nostre città che sono sempre più poveramente servite non solo dalle attuali infrastrutture; ma anche dal pensiero e dai valori che le ispirano. Allo stesso modo le aree rurali soffrono e si trovano sprovviste di una pianificazione coerente. Oggi viviamo in un universo completamente differente, e i limiti che prima non percepivamo nemmeno o ignoravamo, stanno emergendo come i blocchi costitutivi delle politiche e delle pratiche del trasporto in questo nuovo secolo.
E’ il momento di cambiare. E il cambiamento deve cominciare da noi. Siamo noi il problema. Ma siamo anche parte della soluzione.
Approfondimenti:
Gli ostacoli alla sostenibilità dei trasporti urbani
Lo sporco segreto della mobilità sostenibile
Abbiamo bisogno di pensare in piccolo
The Old Mobility impasse (inglese, PDF)