Paris: Ambitious mobility plans for economy, efficiency and equity.
This ambitious effort on the part of Paris’s mayor and his team is well worth following, even if for some it is may be a bit inconvenient for those not able to easily read in French. The original article appears here. And here in the event is the Google translation. (You may note that this article appears in a journal loved and run by the French Right, the mayor’s fierce opponents, so caveat lector.)
Archivi categoria: traffic calming
Cure dimagranti.
Per la serie di Streetsfilm “Moving Beyond the Automobile” (di cui NM ha già pubblicato il video sulla demolizione delle autostrade) oggi vi proponiamo le diete stradali: si sa che negli USA l’obesità è endemica e le loro strade non fanno eccezione. Ma anche qui in molti casi non scherziamo. I fast food sono ormai un fenomeno internazionale… Continua a leggere
30 km/h: un pdf per convincere i vostri concittadini.
Portare il limite di velocità a 30 km/h? Ma cosa stiamo dicendo? Vi immaginate le code? E il rischio di tamponamenti? E le perdite di tempo? E cos’è questa storia della sicurezza stradale? Che differenza vuoi che faccia 30 o 50 km/h?
Il senso comune aiuta spesso le persone a rispondere agli stimoli senza eccessivo uso di risorse cerebrali, Continua a leggere
Trenta all’ora in città: quando una campagna in Italia?
I nostri lettori lo sanno molto bene: crediamo ci siano moltissime ottime ragioni per andare più piano. E ogni volta che incontriamo qualcosa che può aiutare il raggiungimento di questo nobilissimo obiettivo ne approfittiamo. Questa volta Elizabeth Press, regista vagabonda della casa produttrice di New York StreetFilms è volata in Gran Bretagna – dove in molte città si sta sperimentando l’ambiziosissimo progetto “Twenty is plenty”, 20 (miglia all’ora) bastano – per girare un breve documentario su quello che succede quando le città rallentano il traffico in maniera omogenea e sostanziale. Continua a leggere
Chi va piano va sano. E non arriva neanche tardi.
Uno dei pilastri alla base dell’approccio alla Nuova Mobilità urbana è il rallentamento del traffico. Funziona come un catalizzatore ambientale. Quando si comincia ad andare più piano e si inizia ad organizzare la propria vita intorno a questo principio si finisce necessariamente per andare meno lontano. La qual cosa a sua volta determina un cambiamento nell’utilizzo del territorio urbano. L’esatto opposto delle forze che spingono alla continua espansione degli agglomerati urbani nelle campagne con tutto quello che ne consegue. Continua a leggere
Restringere le strade fa bene al traffico.
Siamo assolutamente convinti che le nostre infrastrutture per i trasporti siano abbondantemente sovradimensionate, ancorchè inefficienti. Un modo per migliorare le loro performance è quello di riservare più spazio a bisogni diversi da quello, spesso fine a se stesso, della mobilità veicolare privata. Quanto segue è un post di Michael Bohn che illustra i vantaggi dei programmi di “diete stradali” in atto a Long Beach, California. Continua a leggere
Diete californiane anche per il mediterraneo?
Siamo poco abituati a considerare le strade urbane delle strutture inserite in un contesto che ha dei bisogni non riconducibili univocamente a quelli soddisfabili mediante la motorizzazione privata di massa. Per questo molto spesso capita che l’ampiamento della capacità stradale viene salutato come un toccasana mentre la sua (rarissima) riduzione viene osteggiata a tutti i livelli.
Ne abbiamo avuto recentemente un esempio a Torino, dove il limite di velocità di 50 km/h su alcune arterie troppo larghe è stato portato a 70 adducendo la motivazione che un limite di velocità troppo basso non si poteva far rispettare nella pratica. Ma se ci fosse un altro modo di affrontare le cose? Da San Francisco alcune considerazioni di Matthew Roth.
In calce all’articolo una lista delle strade oggetto dei “trattamenti”: potreste avere voglia di cercarle su Google per capire se si tratta di situazioni simili a quelle che potete trovare nelle vostre città.
La Municipal Transport Agency di San Francisco
orgogliosa delle proprie “diete stradali”.
di Matthew Roth
Anche se non esiste una graduatoria della città più decise nelle politiche di traffic-calming, i responsabili della viabilità di San Francisco credono che la loro metropoli possa sicuramente essere elencata tra le prime di questa particolare classifica di “restringimento strade” allo scopo di ridurre le velocità delle autovetture private e garantire dello spazio ad altre modalità di trasporto.
La Municipal Transportation Ageny (MTA) di San Francisco ha applicato 34 cosiddette “diete stradali” da quando la politica del Transit First (prima il trasporto pubblico) è stata adottata nel 1973, un numero che ci si aspetta debba crescere una volta che verranno riconosciute le necessità dei ciclisti.
Mike Salaberry, ingegnere del traffico di MTA ha detto che la città aveve molte strade nelle quali la larghezza delle carreggiate era eccessiva e pensata solo per le automobili. Le diete stradali mirano principalmente “a migliorare il funzionamento della rete stradale per un’utenza più ampia”.
“Il modo di progettare le vecchie superstrade non era efficiente nell’allocazione di spazio”, ha detto Salaberry, indicando numerose strade urbane dove l’ampiezza eccessiva delle careggiate comportava delle distanze di attraversamento eccessive per i pedoni e la totale mancanza di spazio riservato ai ciclisti. “Dato che lo spazio è una risorsa finita, dobbiamo trovare dei modi creativi per allocare quello che abbiamo a disposizione”.
In alcuni casi, creare dello spazio per pedoni e ciclisti è semplie quanto disegnare delle linee per terra riducendo le velocità di punta delle automobili. Manish Champsee di Walk San Franisco ha accolto con favore la recensione di MTA sulle diete stradali dicendo che per i pedoni si tratta di misure arrecanti un doppio vantaggio: il primo riguarda la minore probabilità di venire investiti e la maggiore possibilità di sopravvivenza nel caso avvenga una collisione; il secondo riguarda la visibilità: su una strada a quattro corsie ridotte a due i pedoni non devono preoccuparsi del pericolo di non essere notati da un auto che sopraggiunge sulla corsia più distante dal marciapiede mentre attraversano la strada su un passaggio pedonale non segnalato.
Champsee ha indicato la dieta stradale di Valencia Street come un esempio di successo da imitare a livello nazionale. Si tratta di una strada che fino al 1999 aveva quattro corsie e poi trasformata in una strada a due corsie con una corsia aggiuntiva centrale per le svolte a sinistra e corsie ciclabili ai lati.
Nonostante le preoccupazioni riguardo a un possibile aumento di incidenti con il coinvolgimento di ciclisti l’anno seguente vide una riduzione del numero totale di incidenti sia per i pedoni che per i ciclisti, con un aumento del 144 per cento dell’utilizzo della bici. Anche se una piccola percentuale di traffico cambiò percorso, il volume totale fu solo leggermente più basso e non si spostò su Guerrero Street, dove gli ingegneri del traffico si aspettavano sarebbe andato. Anche le paure riguardo ad eventuali impatti negativi sull’economia si rivelarono infondati. Solo il 6 per cento dei commercianti intervistati dopo l’istituzione delle corsie ciclabili dichiararono di avere avuto delle conseguenze negative.
“Non c’è davvero niente di negativo che si possa dire su quello che è successo su Valencia Street”, ha detto Champsee, riportando che in una riunione della Federal Highway Administration sulla sicurezza stradale Valencia è stata citata come esempio di una dieta stradale di successo.
Nonostante i provati effetti positivi delle diete stradali a San Francisco ci sono ancora molti grossi ostacoli per applicare ulteriori cambiamenti. Le diete stradali devono essere sottoposte a severissimi controlli ambientali e se hanno conseguenze significative sui flussi di traffico vengono cancellate o rinviate.
“Come al solito siamo di nuovo di fronte ad alcuni indesiderati effetti collaterali del California Environmental Quality Act (CEQA)” ha detto Andy Thornley, della San Francisco Bicycle Coalition. Nonostante l’indiscutibile successo, ormai di lunga durata, della politica del “Transit First” e dei benefici derivanti dalla riduzione delle velocità, i progetti non possono andare più veloci di quanto vadano ora.
“Di nuovo questi progetti dimostrano quello che per molti è controintuitivo”, spiega Thornley. “Se da quattro corsie se ne tirano fuori tre, sembra di perdere qualcosa. Di fatto garantendo una corsia centrale per le svolte a sinistra, i flussi stradali possono rimanere gli stessi o anche migliorare, mentre la sicurezza migliora enormemente.”
I prossimi progetti di dieta stradale riguarderanno Cesar Chavez Street e la 25th Avenue e secondo Thornley chiariranno una volta per tutte i vantaggi di una progettazione dei trasporti multimodale e del ricorso a misure di traffic calming.”Nonostante quello che pensano gli automobilisti, i loro spostamenti diventeranno più sicuri e forse perfino più veloci”.
Strade di San Francisco sottoposte a “dieta”:
Fonte: MTA
* Arguello from Pacific to Fulton
* Valencia from Market to Tiffany
* Polk from Turk to Vallejo
* Mansell from San Bruno to University
* Harrison from 11th to 22nd
* San Jose Avenue, southbound, from Randall to Arlington
* San Jose Avenue/Guerrero from Randall to Cesar Chavez
* Dewey Boulevard from Laguna Honda to Taraval
* Post Street from Presidio to Steiner
* Turk Street from Arguello to Masonic
* Golden Gate Avenue from Masonic to Broderick
* Fulton Street from Baker to Webster
* Fell Street westbound from Scott to Baker (Laguna to Scott PM tow-away later removed also)
* JFK Drive westbound from Shrader to Conservatory Drive East
* Duboce from Buchanan to Church (conversion from roadway to bikes only)
* Fourteenth Street from Dolores to Guerrero
* Howard Street from Fremont to 11th
* Seventh Street from Townsend to 16th
* Oakdale from Phelps to Industrial, Bayshore to Industrial
* Battery Street from The Embarcadero to Broadway
* San Bruno from Mansell to Campbell
* Folsom Street from 14th to 11th
* Market from 8th to Van Ness
* Potrero from 17th to 25th
* Lake St from Arguello to 3rd Ave
* 14th Street from Market to Dolores
* Alemany from San Jose to Rouseau
* Clipper St from Douglass to Diamond Heights
* 25th Avenue from Fulton to Lake
* 7th Avenue from Lawton to Judah
* Oak Street from Divisadero to Laguna (removal of AM tow-away lane)
* Scott Street from Oak to Fell St
* Gough St northbound from McCoppin to Market
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Matthew Roth è uno scrittore e giornalista residente in Bernal Heights, San Francisco. Dopo avere vissuto per otto anni a New York, sta cominciando ad assaporare la relativa tranquillità degli spostamenti in bicicletta sulle strade della Bay Area, il numero di “portieramenti” decisamente minore e l’atteggiamento molto più rispettoso degli automobilisti. Scrive su Streetsblog San Francisco, da dove è stato tratto questo post, e spera di favorire il crescere del confronto politico sulla mobilità orientata alle persone.
Articoli correlati: Diete Stradali, c’è un sacco di grasso rimasto
Articolo originale: http://sf.streetsblog.org/2010/03/31/san-francisco-planners-proud-of-long-list-of-road-diets/
New York impara da Londra. Noi?
Nuova Mobilità non intende raccontarvi tutto quello di cui avete bisogno sui trasporti sostenibili, ma piuttosto facilitare uno scambio di informazioni e di idee a livello nazionale e internazionale dal quale scaturisca un processo di apprendimento collettivo. Quello che segue è un esempio che secondo noi non deve limitarsi alle due città di cui si parla nel post.
Salvare vite con le zone 30:
New York può imparare da Londra.
Noah Kazis.
Quando il sindaco di New York Bloomberg annunciò che gli spazi pedonali in centro realizzati ultimamente diventeranno permanenti, sottolineò che i miglioramenti che apportavano alla sicurezza stradale erano una ragione sufficiente per istituzionalizzarli anche in altre zone della città.
Per riprodurre i benefici alla sicurezza apportati ai cinque quartieri del centro, New York potrebbe prendere esempio dalla Gran Bretagna, dove il limite di 20 miglia all’ora (30 km/h) ha ridotto un po’ ovunque la velocità delle automobili.
La metropoli globalizzata che più assomiglia a New York – Londra – ha istituito diverse “Zone 30” negli ultimi 10 anni, salvando parecchie vite. Sono circa 27 i londinesi che ogni anno non muoiono o non vengono gravemente feriti grazie a queste misure.
Il limite di velocità standard a Londra, come a New York,è di 50 km/h. Dal 2001, però, Londra ha istituito più di 400 “zone 30”, come risulta dal rapporto del 2009 della London Assembly. Queste zone sono situate in quartieri residenziali o nei pressi di scuole o altri punti di intenso passaggio pedonale. Alla fine dell’anno scorso rappresentavano l’11 per cento del totale della rete stradale urbana.
Gli effetti sulla sicurezza sono stati enormi per pedoni, ciclisti e automobilisti allo stesso modo. Secondo il British Medical Journal a Londra gli incidenti mortali o con gravi danni alle persone sono diminuitii del 46% all’interno di queste zone. Per quanto riguarda i bambini coinvolti in incidenti gravi e mortali, questi sono diminuiti del 50%. Si registra anche un piccolo effetto “a cascata” sulle strade adiacenti le zone 30 con una diminuzione dell’8% degli incidenti gravi e mortali. I dati scientifici sono così inequivocabili che nel 2004 l’OMS ha raccomandato l’istituzione di zone 30 come una strategia essenziale per salvare vite umane.
Queste zone fanno molto di più che cambiare la cifra riportata sulla segnaletica stradale: prevedono una serie di misure di traffic calming che rendono il limite di 30 all’ora praticamente impossibile da infrangere: cunette, incroci sopraelevati, chicanes, attraversamenti pedonali sopraelevati, per citare gli accorgimenti più adottati. Le telecamere per controllare la velocità sono sempre più utilizzate.
Colpita da campagne pubblicitarie molto forti come questa:
Londra affronta allo stesso tempo tre diversi aspetti della sicurezza: progettazione, educazione e controllo. Il risultato è che le zone 30 funzionano davvero, mettendo a tacere tutti gli scettici che dichiaravano che i londinesi avrebbero continuato a guidare come avevano sempre fatto. Le velocità nelle zone 30 sono diminuite mediamente di circa 15 km/h, secondo quanto riportato nel report della London Assembly. Transport for London ha recentemente individuato altri 880 siti dove applicare delle riduzioni di velocità.
In tutta la Gran Bretagna negli ultimi anni si è assistito a un cambiamento nelle strategie di applicazione delle zone 30 che stanno perdendo le loro connotazioni di alto contenuto ingegneristico e progettuale e vengono sempre più applicate su interi quartieri. Attualmente più di 2 milioni di persone vivono su strade con il limite di velocità di 30 km/h.
Una mappa delle zone 30 londinesi nel 2008
L’impulso per questo cambiamento è arrivato dall’Europa, dice Rod King, direttore della campagna 20’s Plenty for Us (20 – miglia all’ora – sono fin troppe per noi). King è rimasto sorpreso nel vedere che le grandi città tedesche famose per la loro imponente popolazione di ciclisti non avessero delle infrastrutture dedicate alle biciclette particolarmente sviluppate. Piuttosto,dice, “nei primi anni 90 vennero ridotti a 30 km/h i limiti di velocità in tutte le aree residenziali”.
King ha riportato questa idea in Gran Bretagna. Dopo aver conquistato gli attivisti del ciclismo urbano, l’idea di rallentare le auto si è diffusa rapidamente, coinvolgendo anche gruppi di difesa dei pedoni, associazioni in difesa della salute pubblica e anche qualche associazione di automobilisti preoccupati della sicurezza. John Whitelegg, insegnante di trasporti sostenibili e consigliere comunale a Lancaster dice che questa idea si è diffusa enormemente negli ultimi due anni.
Uno dei benefici di trasformare un’intera città o quartiere in una zona 30 riguarda i costi, che secondo King potrebbero essere 50 volte più bassi di quelli richiesti dalle tradizionali zone 30 londinesi. Un altro vantaggio è quello di ridurre la confusione derivante da limiti di velocità continuamente variabili.
L’argomento più convincente a favore di un limite diffuso di 30 km/h è il fatto che aiuta i residenti ad abituarsi all’idea di guidare più lentamente. Secondo King l’opposizione più convinta all’introduzione del limite viene da coloro che si trovano ad attraversare le zone 30 ma vivono su strade dove il limite di velocità è ancora quello tradizionale di 50 km/h. “Non godono dei benefici delle zone 30 nei loro luoghi di residenza”, dice, “ma ne devono pagare i costi”. Quando un’ampia area contigua viene invece coperta da limiti di velocità più bassi è più facile per tutti apprezzarli e rispettarli.
Oggi le zone 30 godono di un diffuso consenso. La London Assembly ha notato che tre quarti dei britannici è a favore di queste misure, anche se nel paese vengono ancora preferite le telecamere a misure fisiche di traffic calming.
Nonostante la loro attuale popolarità non è stato facile realizzare queste misure. Dopo un rapporto del 1996 del Dipartimento Nazionale dei Trasporti che mostrava come sarebbero state più sicure delle strade con limiti di velocità più bassi, ci vollero altri tre anni perchè il governo nazionale autorizzasse le amministrazioni locali ad introdurre le zone 30 senza la sua esplicita approvazione. L’opposizione politica è stata spesso molto forte. Molti conservatori “sposano l’idea secondo la quale l’unica cosa giusta da fare per la sicurezza sia un buon insegnamento dei genitori ai figli”, dice Whitelegg.
Durante gli ultimi anni, comunque, i limiti di 30 km/h sono stati applicati in molte strade britanniche. Portsmouth è recentemente diventata la prima città inglese dove tutte le strade residenziali hanno questo limite di velocità, e altre nove si sono già impegnate a fare lo stesso. Otto dei 32 boroughs londinesi stanno progettando l’introduzione di un limite di 30 km/h in tutte le loro strade. Il Dipartimento Nazionale dei Trasporti raccomanda questo limite per ogni strada residenziale.
In un arco di tempo relativamente breve, un folto numero di città britanniche abituate al limite di 50 km/h ha sposato i concetti di qualità della vita e sicurezza che le zone 30 portano con sè. Se una qualunque città americana deve seguirne per prima l’esempio, questa non può essere che New York, dove ci sono molti più abitanti senza automobile che non a Londra.
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L’autore:
Noah Kazis scrive per Streetsblog dal gennaio 2010, dopo aver scritto per TheCityFix DC. Si è recentemente laureato a Yale, con una tesi sull’importanza delle classi sociali nelle politiche di riforma dei trasporti a New York. Da bambino collezionava componenti di metropolitana in una scatola da scarpe.
Articolo originale: http://www.streetsblog.org/2010/03/22/how-london-is-saving-lives-with-20-mph-zones/
Altri articoli su N/M in tema di:
Settanta all’ora in città?
Cosa fare quando in una città ci si ritrova ad avere delle strade molto larghe, in grado di garantire spazi separati a modalità di trasporto molto diverse tra loro, il massimo di sicurezza possibile per ogni utente della strada nonchè frequenza delle corse e tempi di spostamento ragionevoli per il trasporto pubblico? Si alza il limite di velocità per le automobili in modo che possano occupare lo spazio che a 50 km/h resterebbe a disposizione per modalità di trasporto più sostenibili.
E’quanto è stato deciso alcuni giorni fa dall’Amministrazione del Comune di Torino con la giustificazione che, di fatto, l’attuale limite di 50 km/h non lo rispetta nessuno. Meglio quindi portarlo a 70.
Il problema tocca aspetti che vanno al di là di quello, pur importante, della sicurezza sulle strade – e in proposito lascia quanto meno perplessi la dichiarazione del presidente dell’ACI di Torino Piergiorgio Re: “in città la maggioranza degli incidenti è causata dalla distrazione più che dalla velocità”. Che qualcuno si sia accorto che l’aumento della velocità contribuisce alla diminuzione delle distrazioni e della gravità delle loro conseguenze?
Senza voler entrare nel merito delle scelte specifiche ci piacerebbe ricordare che, essendo le strade una risorsa pubblica sarebbe opportuno ragionare, prima che sulla velocità alla quale è possibile percorrerle, sulla loro destinazione d’uso. Consentire un aumento di velocità massima significa legittimare l’occupazione di spazio da parte delle automobili. Occupazione che verrebbe ridotta qualora ci si adoperasse per far rispettare il limite di 50 km/h. Lo spazio liberato verrebbe messo a disposizione di altre esigenze della vita urbana. Modalità di trasporto alternative potrebbero giovarne: gli autobus potrebbero migliorare la puntualità e la frequenza delle corse, i ciclisti e i pedoni avrebbero modo di spostarsi in sicurezza e si potrebbero aumentare gli spazi pubblici “civili”, quelli che garantiscono socialità e incontro con l’altro.
Queste misura, anche se molto controverse prima della loro applicazione, una volta attuate trovano parecchi pareri favorevoli. Ne è un esempio proprio Torino, dove in occasione della recente Domenica a piedi, i consensi all’iniziativa da parte di comuni cittadini sono stati unanimi.
Ribadisco: non conosciamo i motivi che hanno portato alla decisione di aumento dei limiti di velocità ma abbiamo la sensazione che, messi di fronte alla possibilità di scegliere data dall’evidente ridondanza di spazio a disposizione, i consiglieri comunali torinesi non abbiano nemmeno intravisto questa seconda possibilità.
Sulla riduzione delle velocità di circolazione e sull’allocazione dello spazio pubblico si possono spendere molte parole. Di seguito una selezione di post sull’argomento:
La battaglia per le strade
Per una società non più dipendente dal petrolio
20 bastano e avanzano
Chi va piano va sano e cambia abitudini
30 allora va benissimo.
Oltre a questi post potete prendere visione dei due video: “Ripensare le strade” e “Teoria e pratica dello shared space”.
Enrico Bonfatti vive e lavora a Bergamo, dove nel suo tempo libero si occupa di problematiche relative alla mobilità e alla vivibilità del suo quartiere, oltre che di tenere in vita questo blog. Potete incontrarlo a Bergamo e dintorni a cavallo della sua bicicletta da donna mentre va a guadagnarsi il pane oppure semisdraiato sulla sua reclinata mentre tenta di restare in forma. E’ felicemente divorziato dall’auto dal 2001. Spera di non innamorarsene mai più e neanche di essere costretto ad un matrimonio di convenienza.
20 bastano e avanzano
Nella ferma convinzione che della lentezza non si è mai stufi, di seguito il secondo pezzo consecuitvo sui rallentamenti in corso a Portsmouth e in Gran Bretagna. Ve lo presentiamo come un primo passo nella messa a punto del vostro kit di strumenti per rallentare il traffico nella vostra città. Cercate di costruire sull’esempio di Portsmouth in modo da fare ancora meglio nelle vostre strade. Come ci ricorda Galileo il vero progresso si ottiene sempre quando ci si alza sulle spalle di giganti.
Twenty is plenty, 20 (miglia all’ora) bastano e avanzano.
– Rod King, 20’s Plenty for Us , UK
Il 14 maggio, durante una riunione della Commissione parlamentare dei trasporti in Gran Bretagna il responsabile dell’Istituto Olandese per la Sicurezza Stradale commentava:
“Fino al 2000 noi olandesi guardavamo sempre all’inghilterra quando ci occupavamo di sicurezza stradale. Siete stati i promotori di moltissime iniziative in questo senso. Improvvisamente, intorno al 2000, avete semsso di fare queste cose e noi abbiamo continuato con i nostri sforzi. Un semplice dato a conferma di quello che dico è che, confrontati con il 2000, gli incidenti mortali in Gran Bretagna nel 2006 sono diminuiti del 7%, mentre in Olanda sono diminuiti di un terzo”.
La conseguente recensione critica sulla sicurezza stradale in Gran Bretagna a cura del Trasnport Select Committe venne quindi non a caso intitolata “Fine dello scandalo della compiacenza: la sicurezza stadale oltre il 2010”.
Gli esperti dibatteranno a lungo sui motivi per i quali è necessario rallentare se si vuole ottenere una maggiore sicurezza stradale. Alcuni la metteranno su un piano di sopravvalutazione di misure ingegneristiche finiranno facilmente con il mantenere le velocità più alte e inevitabilmente aumenteranno i pericoli per gli utenti deboli della strada. Infatti, mentre il numero totale dei morti sulle strade è sceso dai 3221 del 2004 ai 2538 del 2008, la percentuale di pedoni coinvolti è costatemente cresciuta dal 20.83% del 2004 al 22.54% del 2008. Di fatto l’incremento degli incidenti mortali che riguardano i pedoni è uno dei più alti in Europa dove la media dei 14 paesi UE nel 2005 era ferma al 14%. In Olanda nello stesso anno era al 9.4%.
Comunque le cose stanno cambiando. Nel 2006 il Dipartimento dei TRasporti pubblicò delle nuove linee guida per la definizione dei limiti di velocità da parte delle autorità locali. Una città, Portsmouth, ha colto al volo un piccolo cambiamento nelle linee guida per l’applicazione del limite di velocità di 20 mph senza adottare misure di traffic calming imbarcandosi in questa avventura sul presupposto che dove la gente abita 20 mph vanno benissimo.
La settimana scorsa in una conferenza tenutasi a Portsmouth alla Guild Hall potremmo benissimo aver gettato le basi di un nuovo approccio sul quale costruire la sicurezza stradale in Gran Bretagna.
Finora la gestione della velocità è stata organizzata principalmente attraverso interventi sulle strade cittadine che costringessero gli automobilisti a rallentare. Che si trattasse di telecamere o dossi le misure erano prese tutte pensando all’automobilista mentre guida.
Alla conferenza, il Consiglio Comunale di Portsmouth e il Dipartimento dei Trasporti hanno illustrato i risultati di un approccio completamente differente preso dalla città quando il 10 marzo 2008 è stato portato a termine l’obiettivo di stabilire il limite di 20 mph su 1200 strade cittadine. Nè cunette nè avallamenti, ma una decisione presa non dagli specialisti del traffico ma dall’intera popolazione che cercava un modo di abbassare la velocità e di migliorare la propria qualità di vita. Semplicemente, gli abitanti di Portsmouth hanno deciso di rallentare ovunque abitasse qualcuno!
Naturalmente stabilire dei limiti di velocità più bassi attraverso l’introduzione di misure di traffic calming è così caro che si fa di solito quando ci sono grossi problemi legati alle alte velocità. Ma quando si decide di rallentare il traffico ovunque ci siano delle abitazioni è inevitabile che su alcune vie le velocità di circolazione siano già sotto le 20 mph. Infatti nei 159 punti di monitoraggio a Portsmouth, 102 avevano già velocità medie sotto le 20 mph, 36 si situavano tra le 20 e le 24 mph, e altri 21 sopra le 24 mph.
E a causa di questo mix la velocità media globale sulla rete stradale non è cambiata tantissimo. Infatti si è ridotta solo dell’1%. Ma il dato significativo è che nelle strade dove la velocità era superiore alle 24 mph questa è scesa drasticamente di 7 mph.
Mentre le vittime di incidenti sono diminuite del 15% e il totale degli incidenti del 13%, servirà più tempo per avere cifre significative in merito. Alla conferenza è stata presentata la seguente tabella che riguarda il coinvolgimento di bambini e anziani negli incidenti stradali prima e dopo l’applicazione del limite di 20 mph:
Il successo di Portsmouth è quello di una comunità che si è impegnata a dibattere su come le strade dovrebbero essere utilzzate e ha fatto le conseguenti scelte politiche, intraprendendo un processo amministrativo e democratico per trasformare le intenzioni della cittadinanza in una struttura all’interno della quale ognuno possa fare la sua parte per rendere la città un posto migliore dove vivere. Un posto con meno incidenti con vie più tranquille che offrano più possibilità di andare a piedi o in bicicletta.
Gli spazi tra le nostre case, che chiamiamo vie, qui non saranno più gli stessi. Portsmouth ha dimostrato che le comunità locali possono cambiare i propri comportamenti e adottare un limite di velocità più basso ovunque le persone vivano in modo da portare dei benefici reali a tutti gli utenti della strada. Molte altre città e paesi stanno seguendo questa tendenza di considerare la cittadinanza partendo dal modo in cui guidiamo e dal tipo di utilizzo delle strade. A Oxford, Leicester, Newcastle, Norwich si stanno facendo le stesse proposte, mentre a Bristol e Warrington sono in corso degli schemi di prova già molto estesi.
Ma le persone di Portsmouth probabilmente non sono diverse da tutti noi. Quello che hanno individuato è un modo per trasformare in realtà il desiderio di strade più sicure e gradevoli. Penso che ci saranno molte altre comunità simili che diranno che 20 mph possono bastare anche per loro. E che potrebbero rimettere la Gran Bretagna nella giusta direzione per migliorare la sicurezza dell’utenza debole della strada riportando un po’ più di tranquillità nelle nostre strade urbane.
Rod King è fondatore di 20’s Plenty for Us, una organizzazione inglese di volontari nata nel 2007 per aiutare le comunità locali che vogliono limiti di velocità più bassi sulle strade urbane. 20’s Plenty lavora con gruppi locali in tutto il paese così come si impegna a fare pressioni a livello di Amministrazioni Locali e di governo centrale.
Contatti: http://www.20splentyforus.org.uk
Tel +44 07973 639781 .
Email: rodk@20splentyforus.org.uk
Chi va piano va sano e cambia abitudini.
Uno dei pilastri alla base dell’approccio alla Nuova Mobilità urbana è il rallentamento del traffico. Funziona come un catalizzatore ambientale. Quando si comincia ad andare più piano e si inizia ad organizzare la propria vita intorno a questo principio si finisce necessariamente per andare meno lontano. La qual cosa a sua volta determina un cambiamento nell’utilizzo del territorio urbano. L’esatto opposto delle forze che spingono alla continua espansione degli agglomerati urbani nelle campagne con tutto quello che ne consegue.
Se c’è un primo passo da compiere, questo dovrebbe essere il rallenamento del traffico. E questa impostazione sta guadagnando forza in Gran Bretagna
Portsmouth – La prima città britannica (forse del mondo) a 30 all’ora
Portsmouth è famosa per molte cose, sede della Marina Britannica,la città più densamente popolata dell’Europa Occidentale e da oggi la pirma città a imporre un limite di velocità di 30 km/h su tutta la sua rete stradale urbana.
Qullo che distingue il limite di velocità di Portsmouth dalle altre 2500 zone 30 in Inghilterra non è solo la sua estensione su tutta la città, ma anche il fatto che non si basa su misura di traffic calming o telecamere di controllo, ma semplicemente su una segnaletica che incoraggia il cambio di comportamento degli automobilisti.
Si potrebbe osservare che questo è uno dei più imponenti progetti di promozione delle modifiche dei comportamenti nel paese, e anche se il suo obiettivo principale è la sicurezza, la città spera di realizzare anche dei benefici spostamenti nelle abitudini di viaggio dall’auto ad altri mezzi.
Come funziona lo schema
A causa dell’alta densità abitativa il traffico della città era già molto lento, così anche se la decisione di estendere a tutta la città il limite di 30 km/h fosse audace, non era senza un sostegno della popolazione locale.
Il limite venne progressivamente introdotto in sei settori cittadini, il primo nell’ottobre 2007, l’ultimo nel marzo del 2008.
Le strade incluse nello schema erano per la maggior parte in zone residenziali dove le velocità medie erano già sotto le 24 mph (40 km/h), e anche se la rete stradale con funzioni più strategiche venne esclusa, vennero anche coinvolte alcune strade con alti flussi di trafico ove le velocità medie erano più di 30 mph (50 km/h).
In seguito a una campagna mediatica e a un processo di partecipazione popolare su larga scale, le strade comprese nella “zona 30” devono avere un segnale orizzonatale dipinto all’entrata e una segnaletica verticale che indichi il limite di 20 mph (30 km/h), disposta ogni 150 metri lungo l’intera lunghezza del percorso.
Il limite di velocità è stato ampiamente rispettato grazie ai residenti locali molto attivi nel segnalare infrazioni. Sono stati effettuati diversi rilevamenti dei flussi veicolari per identificare strade problematiche, che sono state messe sotto il controllo di polizia e vigili urbani che hanno colto sul fatto più volte gli automobilisti in eccesso di velocità. Il sostegno degli automobilisti a questa scelta è fondamentale, così piuttosto che multare le infrazioni, la polizia offre la possibilità di partecipare a una lezione di mezzora sui pericoli dell’eccesso di velocità, che si è dimostrata molto efficace.
Come sono stati utilizzati gli interventi finalizzati a modificare le abitudini
Per un progetto di questo tipo, dove l’obiettivo è un cambiamento culturale, la promozione e la consultazione popolare sono degli elementi chiave.
Per sottolineare i benefici derivanti da velocità più basse, la città si è rivolta prima agli utenti della strada più deboli, gli scolari, consegnando a ogni ragazzo delle guide riportanti l’elenco delle strade dove avrebbe dovuto essere istituito il limite di velocità. Nelle guide era inclusa anche una sezione “FAQ” e un numero di telefono appositamente istituito per avere ulteriori informazioni.
Negli spazi pubblici come scuole, centri sociali, servizi sanitari, biblioteche, chiese, università e centri sportivi vennero affissi manifesti e distribuiti volantini.
Vennero avviate estese consultazioni a livello dei quartieri, nelle quali i funzionari del comune andavano a illustrare le proposte e ad ascolate le preoccupazioni degli abitanti.
La stampa locale, inizialmente scettica, capì presto i potenziali benefici delle misure, e pubblicò molti articoli favorevoli alla scelta. Nello stesso tempo il comune faceva pubblicare dei comunicati di servizio sui giornali locali.
Naturalmente ci furono alcune obiezioni molto accese da parte di una piccola minoranza, ma le critiche, in generale, si limitarono ad aspetti minimi e marginali dello schema, e la grande maggioranza dei messaggi arrivati dalla cittadinanza erano in sostegno alla proposta.
Efficacia dello schema
Dato che si tratta di uno schema completamente nuovo, è stato difficile raccogliere dati chiari e robusti sulla sua efficacia, ma i primi risultati sembrano essere positivi.
Le indagini indicano che c’è stato un rallentamento delle velocità medie di 0.9 mph (1.5 km/h) nelle strade dove queste erano già sotto le 24 mph (40 km/h).
I risultati più consistenti si sono avuti dove prima le velocità erano oltre le 30 mph (50 km/h) che hanno visto scendere questo valore di circa 7 mph (11 km/h).
Anche se sono stati effettuati pochissimi interventi “fisici” di traffic calming, lo spazio ricavato dai rallentamenti è stato riservato a pedoni e biciclette, e nelle via teatro di recenti incidenti mortali, le strade diritte sono state rese più sinuose.
I dati iniziali mostrano una riduzione degli incidenti che dall’introduzione del limite stanno diminuendo in tutta la città.
Il potenziale per uno spostamento ad altri mezzi di trasporto
Qualche dato sparso indica che un certo grado di abbandono dell’automobile a favore di altre modalità di trasporto dovrebbe essere già stato ottenuto, ma finora non c’è stato nessuno studio per confermare questa ipotesi. Comunque dato che il pericolo sulla strada è di solito considerato come l’impedimento più grosso per il ciclismo, sembra logico presupporre che una riduzione globale della velocità di circolazione abbia qualche conseguenza in proposito.
La promozione del limite di 30 km/h si è inizialmente rivolta alle scuole come un ampiamento dei programmi “Safe routes to School”, la versione inglese dei nostri Piedibus, e i ragazzi sono stati spinti a festeggiare l’introduzioni di limiti di velocità più bassi. Questo legame tra gli spostamenti casa scuola e l’iniziativa per velocità sicure dovrebbe essere di rinforzo degli uni e dell’altra e favorire un incremento di spostamenti casa scuola sostenibili.
Si sa da altre iniziative che quando vengono applicati pacchetti di misure contemporanee come corsie preferenziali per il trasporto pubblico, restrizioni del parcheggio, road pricing etc queste hanno un significativo impatto sul cambiamento modale nei trasporti.
Mentre questo non si è ancora verificato a Portsmouth, è comunque prevista una futura campagna a favore del cambiamento modale, con iniziative come feste di strada.
Conclusioni
Anche se le riduzioni complessive della velocità e degli incidenti sono molto più evidenti per singole zone 30 che in una città dove c’è ovunque un limite di 30 km/h, in quest’ultimo caso si possono sottolineare dei vantaggi diversi.
I costi sono molo più bassi e le polemiche riguardanti l’accesso ai veicoli di emergenza e al rumore vengono evitate. Per questi motivi è stato molto facile applicare il limite di velocità in tutta la città in un arco di tempo molto breve. Questo è un grande beneficio in sè, dato che tutti i residenti hanno un vantaggio dal vivere in strade dove il limite di velocità è basso; è anche molto più probabile che rispettino maggiormente il limite quando attraversano quartieri vicini.
Anche se finora non è stato possibile valutare i reali benefici del limite, i dati inziali sembrano mostrare che la sicurezza stradale è migliorata, e che con delle iniziative di follow up adeguatamente coordinate si possa ottenere anche uno spostamento modale significativo.
Per questo i vantaggi alla fine possono essere molpeplici: salute pubblica, benessere, rumore, inquinamento, cambiamento climatico, riduzione di incidenti e decessi, risparmio sulle spese del Servizio Sanitario Nazionale.
L’autore:
Rory McMullan lavora per il PTRC Education and Research Services, che organizza incontri formativi per gli specialisti dei trasporti su temi come l’introduzione del limite di 30 km/h. Come ciclista e padre, Rory è un grande sostenitore di limiti di velocità più bassi sulle strade urbane, dato che il pericolo generato dal traffico veloce è una delle barriere più importanti allo sviluppo del ciclismo, e la più grande preoccupazioni di chi si occupa della sicurezza dei bambini, che camminino, pedalino o giochino per la strada.
References:
- Speed limit to be cut to 20mph in government bid to reduce number of road deaths – http://www.dailymail.co.uk/news/article-1171706/Speed-limit-cut-20mph-government-bid-reduce-number-road-deaths.html
- 20mph speed limit on residential roads in Portsmouth – http://www.portsmouth.gov.uk/living/8403.html
- Articoli su World Street: http://newmobilityagenda.blogspot.com/search/label/slower
- 30 all’ora va benissimo su Nuova Mobilità
Parcheggi in centro? Non se ne parla nemmeno.
Todd Litman, fondatore e direttore del Victoria Transport Policy Institute ha redatto la seguente rassegna sull’argomento, notando che alcune città limitano la disponibilità di parcheggi privati e pubblici in una determinata area.
Come limitare il numero di posti auto di superificie nei centri cittadini
– Parking Maximums
Il concetto di Parking Maximums implica che viene posto un limite superiore alla creazione di parcheggi privati, sia su singoli siti sia su aree più vaste. I limiti imposti alle aree nel loro complesso vengono chiamati Parking Caps, (cappelli del parcheggio). Possono essere posti in aggiunta o anche in sostituzione del numero minimo di parcheggi richiesto (Manville and Shoup, 2005).
L’eccesso di offerta può anche venire scoraggiato riducendo i parcheggi pubblici, introducendo una tariffazione sul parcheggio e ponendo in essere dei regolamenti che limitino i servizi di parcheggio temporanei.
I limiti massimi si applicano spesso solo ad alcuni tipi di parcheggio, in particolare quelli liberi, di superificie, senza limiti di tempo, a seconda degli obiettivi che ci si pone. Queste strategie sono di solito adottate nei grandi quartieri centrali a vocazione commerciale per ridurre l’eccessiva offerta di parcheggio, incoraggiare il ricorso a modalità alternative di trasporto, favorire la compattezza dello sviluppo urbano, rendere l’ambiente stradale più attraente e preservare gli edifici storici.
Si potrebbe obiettare che i limiti massimi sono inutili esattamente come quelli minimi. La regolamentazione potrebbe semplicemente venire eliminata, permettendo alle singole proprietà di determinare il numero di parcheggi da inserire nella propria area. Ma i limiti minimi sono stati applicati per decenni, dando luogo a ormai consolidate distorsioni dei trasporti e delle destinazioni d’uso dei terreni. Il mercato lasciato a se stesso può essere molto lento a raggiungere un livello ottimale, per questo i limiti massimi si rendono necessari al fine di un più veloce raggiungimento degli obiettivi.
Dato che i singoli imprenditori tendono a considerare la presenza di parcheggi abbondanti liberi e nelle vicinanze come un vantaggio competitivo, trovano spesso difficile ridurne il numero. Per questo i limiti massimi da applicare a un’area piuttosto che alle singole ditte possono rappresentare un modo efficace ed accettabile per ridurre la disponibilità di posti auto. Uno studio comparativo (Martens, 2006) tra diverse città ha verificato che:
- Molte città Europee pongono delle restrizioni di parcheggio agli edifici commerciali che variano da 2 a 4 posti auto ogni 1000 mq
- La gestione dei parcheggi pubblici dentro e fuori la sede stradale rappresenta un naturale complemento alle regole restrittive dei parcheggi privati;
- Le restrizioni in materia di parcheggio e le migliorie dei servizi di trasporto pubblico si sostengono reciprocamente, ma non sono necessari grandi miglioramenti del trasporto pubblico antecedenti l’adozione di restrizioni nella sosta.
- Le restrizioni alla sosta sono state introdotte senza una concomitante regolamentazione urbanistica volta a prevenire una indesiderata suburbanizzazione delle attività economiche
- I casi studio suggeriscono che le limitazioni alla sosta non hanno un impatto economico negativo se vengono adottate in città con una struttura produttiva forte e consolidata.
Per ulteriori informazioni sulle diverse politiche di gestione del parcheggio:
- Todd Litman (2006), Parking Management Best Practices, Planners Press (www.planning.org);
- Todd Litman (2006), Parking Management: Strategies, Evaluation and Planning, Victoria Transport Policy Institute (www.vtpi.org);
- Michael Manville and Donald Shoup (2005), “People, Parking, and Cities,” Journal of Urban Planning and Development, December, 2005, pp. 233-245;
- MTC (2007), Developing Parking Policies to Support Smart Growth in Local Jurisdictions: Best Practices, Metropolitan Transportation Commission (www.mtc.ca.gov);
- Redwood City (2007), Downtown Parking, Redwood City. Qui trovate il piano di gestione dei parcheggi della città: www.ci.redwood-city.ca.us/cds/redevelopment/downtown/Parking/Downtown%20Redwood%20City%20Parking%20Plan.pdf
- San Francisco (2009), On-Street Parking Management and Pricing Study, San Francisco County Transportation Authority (www.sfcta.org);
- Schaller Consulting (2006), Curbing Cars: Shopping, Parking and Pedestrian Space in SoHo, Transportation Alternatives (www.transalt.org);
- Seattle (2001), Parking: Your Guide to Parking Management, City of Seattle;
- Donald Shoup (1999), “The Trouble With Minimum Parking Requirements,” Transportation Research A, Vol. 33, No. 7/8, Sept./Nov., pp. 549-574;
- Ventura (2008), Downtown Parking Ordinance, City of Ventura (www.ci.ventura.ca.us).
- Richard Voith (1998), “The Downtown Parking Syndrome: Does Curing the Illness Kill the Patient?” Business Review, Vol. 1 ( ), pp 3-14;
- Rachel Weinberger, Mark Seaman and Carolyn Johnson (2008), Suburbanizing the City: How New York City Parking Requirements Lead to More Driving, University of Pennsylvania for Transportation Alternatives.
# # #Todd Litman è fondatore e direttore escutivo del Victoria Transport Policy Institute, una organizzazione indipendente di ricerca dedicata allo sviluppo di soluzioni innovative nel campo dei trasporti. Il suo lavoro aiuta ad allargare le possibilità di scelte a disposizione nei processi di decision making nel settore della mobilità, a migliorare le tecniche di valutazione e a divulgare concetti specialistici presso il grande pubblico. Lo trovate a 1250 Rudlin Street, Victoria, BC, V8V 3R7, Canada. Email: litman@vtpi.org. Phone & Fax: +1 250-360-1560